Salasso da 170 miliardi sulle banche italiane: allarme liquidità con la stretta Bce sui prestiti a tasso zero.
Il rischio Italia ha ripreso a correre. La frenata economica, il costo record del denaro e soprattutto le tensioni crescenti sulla sostenibilità dei principali impegni di spesa presi dal governo, stanno esacerbando il non solo il clima politico italiano, ma soprattutto il nervosismo dei mercati finanziari (e dell’Europa) sulle prospettive di risanamento della finanza pubblica.
Non si tratta di complotti o manovre speculative: dietro il calo dei titoli bancari, il forte aumento dei tassi BTP e l’aumento oltre i 193 punti base dello spread con i Bund tedeschi proprio alla vigilia dell’aggiornamento del Nadef, il documento di economia e finanza del governo, emerge tutto il disagio dei mercati finanziari sul rischio di una deriva populistica e semi-autarchica della politica economica Paese.
Ma quello che preoccupa di più, soprattutto dopo il varo della controversa tassa sugli “extra profitti” delle banche, e’ la stabilità del settore creditizio. Le banche italiane sono patrimonialmente solide, ma la liquidità a disposizione rischia di prosciugarsi rapidamente di qui al mese di marzo del 2024, quando saranno obbligate a restituire alla BCE tutti i fondi ricevuti a tasso zero attraverso le operazioni di rifinanziamento a lungo termine di Eurotower (la cosiddetta TLTRO).
Secondo i dati di Banca d’Italia, si tratta di oltre 170 miliardi di euro di prestiti, un salasso senza precedenti e l’esposizione più elevata tra tutte le banche europee: una volta restituiti questi fondi a Francoforte, le banche non solo non potranno più usufruire di condizioni speciali per la loro provvista, ma saranno costrette a rifinanziarsi in BCE pagando un tasso di interesse del 4,5%, pari al tasso di interesse ufficiale della banca centrale europea.
In altre parole, una volta restituiti i prestiti le banche saranno costrette a scegliere come adeguarsi alla nuova stretta sulla liquidità: o gli istituti riducono le attività in bilancio (e quindi i prestiti) per rispettare i requisiti patrimoniali della BCE, o saranno costrette a indebitarsi ai tassi di mercato scaricando il costo aggiuntivo sui clienti (banche e imprese) che chiedono finanziamenti per fare acquisti, mutui e investimenti. In entrambi i casi, il costo del denaro per il sostegno e il rilancio dell’economia italiana sembra destinato a esplodere: agli effetti negativi dei super tassi BCE, si aggiungerà infatti la minore liquidità a disposizione del sistema.
“La Banca Centrale Europea, come fanno sapere importanti banchieri italiani, sta per mettere alla prova la resilienza del settore bancario, costringendo gli istituti di credito a rimborsare i prestiti a basso costo dell’era della pandemia senza tenere conto delle difficili condizioni in cui versano sia l’economia italiana che quella europea. La scelta di chiudere adesso i rubinetti del rifinanziamento a tasso zero è rischiosa e azzardata”.
Tra gli istituti di credito europei, infatti, le banche italiane hanno il maggiore bisogno di liquidità per sostituire i finanziamenti a basso costo della Banca Centrale Europea che scadranno quest’anno e il prossimo.
Secondo l’analisi di Simon Outin, analista del credito di Allianz GI, le banche del paese hanno assorbito la maggior parte delle cosiddette TLTRO, fondi ultra-economici progettati per stimolare il credito all’economia, rispetto alle loro riserve. I finanziatori greci e spagnoli si sono piazzati al secondo e terzo posto.
Ma è probabile che i circa 4mila miliardi di euro di liquidità in eccesso che sono stati riversati nel sistema finanziario dovrebbero limitare l’impatto complessivo del gigantesco rimborso, le singole aziende e i singoli paesi potrebbero essere messi a dura prova, confermano economisti e analisti.
“Gli istituti bancari italiani più piccoli – dice al riguardo il capoeconomista di Bloomberg – rappresentano la preoccupazione maggiore, con le banche greche non molto indietro”. Da parte sua, Andrea Enria, supervisore bancario della BCE, ha affermato il mese scorso che alcune banche hanno una “dipendenza sostanziale” dalle TLTRO”.
Secondo le stime di NatWest Markets, le banche italiane potrebbero dover raccogliere circa 35 miliardi di euro nel quarto trimestre del 2023 e altri 75 miliardi di euro nei mesi successivi per prepararsi alla chiusura dei rimborsi dei prestiti TLTRO il prossimo anno. “Alcuni istituti, molto probabilmente le banche più piccole, avranno poca liquidità anche nel breve termine”, hanno scritto Joann Spadigam e altri strateghi di NatWest in una nota ai clienti.
La buona notizia è che le banche hanno molte opzioni per finanziamenti alternativi: una è il mercato dei pronti contro termine, dove le aziende si prestano reciprocamente prestiti su base garantita. Ma è chiaro con costi salati.
Le banche potrebbero anche rivolgersi ai mercati obbligazionari per colmare eventuali lacune o scegliere di intascare liquidità dalle obbligazioni in scadenza che detengono, anche se nel caso italiano sono già impegnate nell’oneroso piano di riacquisto dei loro bond subordinati.
Negli ultimi due anni, del resto, le banche hanno fatto affidamento sulla liquidità in eccesso, rispetto a mezzi alternativi di finanziamento come il mercato delle carte commerciali, il mercato delle obbligazioni garantite e i pronti contro termine a lungo termine”, afferma Frank Gast, amministratore delegato di Eurex Repo. “Ora vediamo più finanziamenti a lungo termine in pronti contro termine su periodi di tre, sei, nove e 12 mesi”.
Per gli operatori, questa è la prova che i piccoli istituti di credito europei stanno mettendo in atto misure di emergenza per “la vita dopo il TLTRO”.
Le banche italiane in cerca di liquidità nei mercati dei pronti contro termine – dove garanzie collaterali come i titoli di Stato possono essere impegnate in cambio di liquidità – potrebbero trovare molti finanziatori disponibili, poiché la liquidità rimane elevata. Ciononostante, secondo gli strateghi di UniCredit, avrebbero comunque bisogno di offrire un dolcificante per attrarre finanziamenti, che vedono i tassi pronti contro termine italiani salire verso i 5-10 punti base sopra il tasso di deposito della BCE, il punto di riferimento del mercato.
Più soldi?
Gli analisti dubitano che la BCE abbia intenzione di introdurre un nuovo strumento per far uscire le banche dalla palude della liquidità, anche se queste si trovassero escluse dai mercati dei finanziamenti privati. Se qualche banca dovesse trovare problemi nel finanziarsi sui mercati monetari ufficiali, il rischio è che la fiducia sulla banca e sul sistema ne risultino danneggiate, provocando una fuga degli investitori.
Nel caso dell’Italia, sarà quindi estremamente importante che il governo eviti scontri diretti con il sistema bancario, o interventi fiscali che possano ridurre ulteriormente la liquidità a disposizione: la tassa sugli extra profitti, per quanto motivata da buone intenzioni, è un’operazione che si muove invece in senso opposto, come dimostra la reazione del mercato finanziario.
Basti pensare che ai 10 miliardi di euro di capitalizzazione di borsa bruciati dai titoli bancari dopo l’annuncio della tassa straordinaria a inizio agosto, altri dieci miliardi di valore sono usciti dalle banche quotate negli ultimi due giorni, proprio alla vigilia del varo della stangata al consiglio dei ministri. Ignorare questa realtà, è un lusso che il governo non può scaricare sulle spalle del Paese.